di Luca Giordani
L’attacco di panico si manifesta in un breve periodo di tempo in cui l’individuo viene improvvisamente travolto da uno stato di terrore, paura o disagio intensi, in cui i sintomi raggiungono il picco entro pochi minuti. La sintomatologia riguarda palpitazioni, tachicardia, sudorazione, dolore o fastidio al petto, nausea, tremori, sensazione di sbandamento, instabilità, sensazione di soffocamento, derealizzazione (senso di irrealtà), depersonalizzazione (essere staccati da se stessi), paura di perdere il controllo o di impazzire, paura di morire, sensazioni di torpore o formicolio, vertigini, brividi, vampate di calore.
È evidente come siano presenti, oltre ai vissuti psicologici, molti sintomi corporei.
Una psicoterapia ad orientamento corporeo, dunque, nel disturbo da attacco di panico appare strumento privilegiato d’intervento poiché, se la descrizione dei vissuti psicologici di queste persone rimane generica e appare una certa difficoltà ad individuare le emozioni, sono invece chiare e descritte minuziosamente le manifestazioni corporee (Ciardiello, 2013). Tali manifestazioni non sono altro che una chiara forma di comunicazione e rappresentano, quindi, il “linguaggio del corpo”.
Tenaci e forti, fin da piccoli le persone che sviluppano attacchi di panico si fanno carico di pesi enormi, di responsabilità e di oneri che potrebbero non essere loro, perché sono convinti di dovercela fare da soli e convivono con enormi sensi di colpa che li rendono incapaci di far valere i propri diritti (Ciardiello, 2013).
Di frequente, si presentano con l’urgenza di dover intervenire e con la domanda implicita che l’altro entri in contatto con la loro ansia. Il pericolo maggiore è che questo generi, il più delle volte, la necessità di “fare qualcosa subito” per alleviare quest’ansia e per scaricare la responsabilità che il soggetto ha riversato sull’altro.
Recenti indagini hanno evidenziato un’incidenza di questo disturbo del 5%-7% nella popolazione generale. Un’indagine condotta tra gli studenti italiani ha riscontrato una percentuale di circa il 32%. Nella maggior parte dei casi, almeno nel 90%, il primo attacco succede fuori casa, in strada, sui mezzi di trasporto o in locali pubblici. Meno frequentemente a scuola o a lavoro. Molte persone cercano aiuto facendosi accompagnare al pronto soccorso o facendosi visitare da un medico entro 24 ore (Ferri, 2015).
Attacco di panico, Locus Coeruleus e gravidanza
Un attacco di panico può essere provocato da pericoli ambientali, determinati da situazioni percepite soggettivamente come minacciose per l’integrità fisica o per la sopravvivenza, oppure da pericoli che compromettono i rapporti affettivi in cui vi è la minaccia di separazione da figure di attaccamento significative. Dunque, vi sono due possibilità patogenetiche dell’attacco di panico: la paura della castrazione intesa come minaccia vitale e la paura della separazione intesa come possibilità di perdita dell’oggetto (Ferri, 2015).
Differenti studi hanno individuato come l’area cerebrale maggiormente implicata nel panico è il Locus Coeruleus, nucleo noradrenergico situato nel tronco dell’encefalo, fondamentale per il ruolo di vigilanza e, dunque, preposto alla mediazione delle reazioni di paura in situazioni estreme, in cui vengono percepite sensazioni di imminente pericolo di vita.
Il Locus Coeruleus può essere attivato da afferenze periferiche, quindi in merito a pericoli ambientali per la “paura di castrazione”, in cui vi è minaccia per la vita o per l’integrità fisica (per es. animali, altezza, sangue, temporali, luoghi chiusi, ecc…) e attraverso afferenze limbiche – depositarie delle dimensioni relazionali con le figure di riferimento significative – in situazioni in cui vi è la “paura della separazione” dalle figure di attaccamento (es. divorzi, trasferimenti, lontananza da casa, ecc…) (Ferri, 2015).
Questo porta ad affermare che l’ipersensibilità dei recettori del Locus Coeruleus, che provoca attacchi di panico, possa essere determinata da fattori esterni e da fattori psicologici legati ad esperienze di separazione antichissime, sin dalla gravidanza. La fase intrauterina, infatti, è uno scambio reciproco biochimico e relazionale tra la madre e il feto, in cui una delle prime aree cerebrali a svilupparsi è proprio il Locus Coeruleus; un’esperienza di allarme intenso in questa fase (es. minacce d’aborto, pericolo di vita, incidenti, violenze, ecc…) espone il piccolo nel grembo materno ad una minaccia di castrazione e di separazione con improvviso pericolo di vita, poiché sia la presenza di pericoli esterni che di separazione sarebbero letali. Questo vissuto allarmante produce nella memoria implicita, cioè la memoria inconscia, un nucleo fobico, cioè una sensazione di paura intensa rispetto a determinati stimoli o situazioni, che potrà avere dei riverberi futuri nella vita adulta (Ferri, Cimini, 2012).
Durante la gravidanza, quindi, c’è stato qualcosa che ha provocato una caduta terrifica improvvisa, un “picco” nel Locus Coeruleus, con estrema paura e rischio di morte. Ciò è esattamente quello che avviene in un attacco di panico: il nucleo fobico riverbera con un picco terrifico in quelle situazioni che richiamano l’allarme da castrazione o da separazione a cui si è stati esposti in fase intrauterina, minacciando la sopravvivenza del Sé.
Spesso possiamo riscontrare un disturbo di panico con agorafobia, quell’intensa paura o quel forte disagio in situazioni in cui sembra difficile o imbarazzante allontanarsi, in cui c’è una spazialità difficile da affrontare e da ricoprire perché troppa e allarmante. L’altra faccia della medaglia è la claustrofobia che consiste nella paura di rimanere nel dentro. E non vi è nulla di più dentro dell’utero materno! Agorafobia e claustrofobia sono in stretta correlazione con il momento del parto, quel primo nostro grande passaggio dal dentro al fuori, quella prima grande separazione da nostra madre.
Trattamento Psicoterapeutico
Nelle prime fasi del trattamento psicoterapeutico con pazienti che soffrono di disturbo da attacchi di panico, la posizione (corporea) fondamentale è quella di accoglienza, ascolto e contatto emotivo. Attraverso un atteggiamento stabile e presente ed un sentire autentico si costruisce un buon legame di fiducia così da cercare di ridurre l’allarme e la paura iniziali.
Leggi l’articolo: “Corpo e Psicoterapia: il Modello Post-Reichiano”
La risposta alla paura può essere di tre tipi: paralisi, fuga o attacco e quella più funzionale è senz’altro l’ultima. Anche il progetto terapeutico nell’attacco di panico, quindi, mira a rafforzare le aree superiori, in modo da silenziare e governare il Locus Coeruleus sottostante, permettendo alla persona di affermarsi e di affrontare e fronteggiare questa paura.
Ciascun trattamento, tuttavia, deve essere costantemente personalizzato per ogni paziente in base alla sua storia, partendo sempre dall’instaurazione di un buon legame di fiducia. Quando l’allarme è legato alla separazione e all’abbandono (come, ad esempio, nella claustrofobia e nell’agorafobia) si accompagna il paziente alla possibilità di separarsi in modo funzionale, evolvendo verso strutture di funzionamento più forti e più mature. Questo salto evolutivo permetterà un allargamento del campo di coscienza e un maggior controllo dello spazio, con la capacità di uscire dal campo materno e dal campo famiglia, andando fuori nel mondo e fronteggiandolo.
Spesso può essere necessario un percorso farmacologico in parallelo alla psicoterapia. Se il farmaco viene somministrato in modo coordinato con un progetto terapeutico, può essere uno strumento veramente efficace. Infatti, quando le aree profonde sono iper-attivate (come il Locus Coeruleus) impediscono la costruzione della relazione terapeutica, chiudendo alla relazione con l’altro. Lo psicofarmaco può, così, fornire quel gradino temporaneo necessario affinché il percorso psicoterapeutico incominci.
Bibliografia
- Ciardiello G., Il disturbo di Attacco di Panico, in “Psicoterapia analitica reichiana. Rivista semestrale della Società Italiana di Analisi Reichiana.”, 2, 2013.
- De Bonis M. C., Pompei M., Come sarà il tuo bambino? Dal concepimento inizia a formarsi il carattere, Alpes, Roma 2015.
- Ferri G. Cimini G., Il codice neghentropico sistemico nella storia, in “Psicoterapia analitica reichiana. Rivista semestrale della Società Italiana di Analisi Reichiana.”, 1, 2012.
- Ferri G. Cimini G., La psicoanalisi nel corpo e il corpo in psicoanalisi, in “Psicoterapia analitica reichiana. Rivista semestrale della Società Italiana di Analisi Reichiana.”, 1, 2012.
- Ferri G., Cimini G., Psicopatologia e carattere, Alpes, Roma 2012.
- Ferri G., Ansia, Angoscia e Panico. Una Psicoterapia tra corpo, Neuroscienze e Psicopatologia, in “Psicoterapia analitica reichiana. Rivista semestrale della Società Italiana di Analisi Reichiana.”, 1, 2015.
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- Marcelli D., Braconnier A., Adolescenza e psicopatologia, Edra, Milano 2015.
- Munno D., Psicologia clinica per medici, Centro Scientifico Editore, Torino 2008.